Il ruolo delle Reti Cliniche nell'evoluzione del Servizio Sanitario Regionale
La prima giornata regionale si è tenuta il 6 maggio all'Auditorium Comelli della Regione FVG a Udine
“Quanto presentato dai docenti della Bocconi Francesco Longo e Valeria Tozzi, conferma cose che ripeto da tempo: il sistema produce inefficienza e spesso è costretto a risposte inappropriate. Emergono evidenze che mostrano le condizioni del Sistema Sanitario Nazionale coincidenti con il nostro. Dopo anni, invece di discutere cosa modificare, dovremmo ragionare su cosa ha provocato un blocco di molti anni. Il problema sono i condizionamenti alle decisioni e alle azioni conseguenti: si tratta di ostacoli costruiti da una resistenza egoista e spicciola, che premia qualche singolo, ma presenta il conto, caro, al cittadino”. Sono le parole che l’assessore alla salute Riccardo Riccardi ha rivolto all’attenta platea convenuta ieri martedì 6 maggio all’Auditorium Comelli del palazzo regionale a Udine per assistere all’evento “Il ruolo delle reti cliniche nell’evoluzione del Servizio Sanitario Regionale” organizzato dall’Azienda Regionale di Coordinamento per la Salute. La definizione e attivazione delle Reti Cliniche alle quali la giornata regionale è stata dedicata, si integra nella riorganizzazione dei Servizi Sanitari Nazionale e Regionale in atto. Le Reti, infatti, rappresentano lo snodo fondamentale che può contribuire alla definizione di risposte innovative e coerenti con i progressi scientifici e tecnologici ma, in particolare, con i bisogni di salute della popolazione. La giornata è stata un utile confronto tra la realtà regionale e i maggiori esperti nazionali di organizzazione sanitaria e Reti Cliniche. Fra questi il già citato Francesco Longo, professore del Dipartimento di Social and Political Sciences dell’Università Bocconi, che ha definito lo scenario all’interno del quale si deve radicare l’operatività delle Reti. “Il nostro sistema oggi promette tutto a tutti, ma poi dà di tutto, ad alcuni” ha affermato Longo, e questo per l’effetto di una situazione che mescola l’emergenza demografica (i pensionati sono il doppio dei bambini), un sistema sanitario frammentato e dispendioso (ci sono troppi ospedali e troppo piccoli che offrono prestazioni in modo inappropriato e dagli esiti incerti), il sistema è gestito, anche dagli stessi professionisti, in modo irrazionale (vengono prescritte il doppio delle prestazioni che il sistema è in grado di erogare). “Il problema dell’Italia – ha sintetizzato il professor Longo – è la sostenibilità demografica, non quella economica. Siamo un’economia di vecchi, nel 2025 ci sarà un pensionato per ogni lavoratore un rapporto economicamente non sostenibile. Tutti sostengono l’universalismo e negano che si possano definire le priorità. E allora le decidiamo a caso, con il risultato che chi è laureato ha il 65% di possibilità di avere cure aderenti ai suoi bisogni mentre, fra chi non lo è, solo il 36,8% può ricevere cure aderenti”. Il combinato disposto di età elevata, mancata programmazione, frammentazione e dispersione del sistema, ritardi nella costruzione delle reti porta all’evidenza che i consumi sanitari si fanno letteralmente a caso: “generiamo consumi sanitari a caso producendo il doppio delle ricette necessarie e l’aderenza si ferma al 50%. Questo genera disparità sociale: chi è forte socialmente trova la prestazione adeguata, chi non lo è non la trova o rinuncia”. Infine il nodo ospedali: “abbiamo ospedali troppo piccoli con troppe discipline: più di un terzo della rete ospedaliera presenta una dimensione insufficiente per garantire il raggiungimento degli standard minimi di esito”. Da questa situazione, ha ricordato Longo se ne può uscire solo con l’organizzazione delle Reti e la piena collaborazione dei professionisti. Affermazione pienamente condivisa da Valeria Tozzi, professore associato di Practice of Government Health and Not for Profit Division presso la SDA Bocconi: “il futuro del sistema – ha ricordato – è legato alla primazia della parte professionale. Potrà realizzarsi solo con l’accordo fra le comunità dei professionisti all’interno delle quali prevalgano le dinamiche collaborative su quelle competitive”. Per Tozzi allo stato attuale possiamo usare le logiche di appropriatezza che le comunità professionali conoscono, e gli standard che esse producono, per rivedere quali sono le strutture di offerta e, quindi, i servizi che ha senso o non ha senso che il sistema eroghi. Sono le razionalità professionali che ci permettono di rivedere la rete d’offerta. In questo senso reti cliniche e reti d’offerta stanno diventando universi in connessione. “Le Reti – ha continuato Tozzi – stanno assumendo una dimensione sempre più regionalizzata: in questo contesto è possibile creare le condizioni per la loro stabilizzazione e l’elemento della continuità. Un contesto regionale permette la frequenza di relazioni che risponde alla dinamicità della rete che ha anche la necessità di trovare un costante bilanciamento con le naturali spinte evolutive che la caratterizzano”. Per Tozzi le Reti Cliniche sono il cavallo di troia che ci può permettere di risistemare il sistema agendo sulla razionalizzazione dell’offerta. E ciò e possibile adottano un piano strategico per indirizzare la loro progettualità. Dopo l’intervento di Manuela Tamburo De Bella di AGENAS, che ha approfondito il ruolo di AGENAS come stimolo e guida nei confronti delle regioni nello sviluppo delle reti cliniche, ha portato il suo contributo il prof. Silvio Brusaferro per il quale “occorre costruire un sistema sociale capace di sostenere una comunità che sarà formata in prevalenza da persone sole. È per questo che il Friuli Venezia Giulia rappresenta un laboratorio per l’Italia e per l’Europa: siamo la regione pilota in questo ambito”. Il progetto di risposta al futuro (ma già presente) bisogno di salute, ha dichiarato Brusaferro è ancora da costruire perché spesso “non abbiamo modelli che siano stati sperimentati su di una demografica completamente cambiata. Per questo la parte clinica e la parte organizzativa, ed è la soluzione offerta dalle reti, devono lavorare assieme per interpretare i tantissimi dati che abbiamo a disposizione, ma che ancora non rappresentano delle informazioni”. Fra gli esempi concreti portati da Brusaferro vi è il riferimento alla necessaria analisi della forza lavoro del sistema sanitario: “fra pochi anni avremo molti più medici di quelli che ci serviranno – ha dichiarato – ma non avremo infermieri a sufficienza. E chi entra a lavorare oggi deve sapere che avrà una vita lavorativa di 50 anni davanti: serve quindi immaginare percorsi di carriera costruiti sui cicli della vita del singolo”. Le indicazioni sono allora quelle di misurare costantemente gli effetti della progettazione, proporre una risposta integrata (reti di professionisti), adottare una presa in carico del paziente da parte della rete e riscontrare sempre se ciò che viene fatto produce effettivamente salute. “Senza sperimentazione – ha concluso Brusaferro – non c’è innovazione e per garantire universalità, uguaglianza e qualità serve l’impegno dei professionisti e delle comunità”. La mattina si è chiusa con la presentazione delle strutture che hanno il compito di governare le reti cliniche attivate dal Servizio Sanitario Regionale. Il dr. Gianpiero Fasola ha presentato la Rete Oncologica, seguito dal dr. Calci per le Reti cliniche di patologia, dal dr. Andrea Bordugo per la Rete malattie rare e dalla dr.ssa Marianela Urriza per la Rete Pediatrica. Il pomeriggio è stato dedicato alle attività svolte ed alla progettualità in essere delle reti di patologia coordinate da ARCS. Si sono quindi seguiti sul palco i Coordinatori delle singole reti: Rete emergenze Cardiologiche dr.ssa Daniela Pavan e dr. Andrea Perkan, Rete Ictus dr. Giovanni Merlino, Rete Trauma dr. Giulio Trillò, Rete Dolore dr. Luca Miceli, Rete Diabetologica prof. Riccardo Candido, rete Cure Palliative dr.ssa Maria Anna Conte, Rete Epatologica prof. Pierluigi Toniutto, Rete Gastroenterologica dr. Piero Brosolo, Rete Cardiologica – insufficienza d’organo e trapianti dr. Enzo Mazzaro – dr. Igor Vendramin, rete Cardiologica – insufficienza cardiaca cronica dr.ssa Gerardina Lardieri – dr. Andrea Di Lenarda, Rete Senologica dr. Samuele Massarut. Da quanto esposto è emersa con forza l’importanza del lavoro in rete che vede coinvolti clinici, professioni sanitare, associazioni dei pazienti e tutti i servizi e le professioni che anche se non sono a contatto diretto con il paziente sono indispensabili, per elaborare le risposte cliniche e organizzative indispensabili per rispondere alle sfide lanciate dalle relazioni del mattino.